Gustosi e al
tempo stesso drammatici sono certi passaggi contenuti in una lettera - non
datata - scritta da Sforza Montegranelli
da Roma al gonfaloniere di Gubbio. In essa, infatti, l’eugubino si
lamenta delle continue insistenze che gli venivano dai perugini i
quali temevano che Sisto V cambiasse idea sull’istituzione della
nuova via postale visto che la strada che attraversava il territorio
eugubino era dissestata e malsicura.
Nell’atteggiamento dei “signori Perugini”, secondo il
Montegranelli, c’era una precisa volontà di incolpare gli eugubini
di un’eventuale fallimento dell’impresa: “et a noi altri di
là sempre dicono che saremo causa noi che loro perderanno un tanto
bene”. “Io so” - aggiunge Sforza - “che delli cento li
novanta non sanno nè che cosa sia, nè dove sia Gubbio et non sonno
molti giorni che in un contrasto d’alcuni cortigiani et altri
gentil’huomeni che si ragionava et discorreva di varie cose, fo
dimandato se Gubbio era città et s’havesse le muraglie; Cantiana et
la Scheggia sono noti per tutto, et Gubbio, come ho detto, non si sa
dalli più cosa sia”. “D’ogni ora” - prosegue Montegranelli -
“si sente discorrere che da Costantinopoli et qua a Roma si viene in
carozza, et insomma per tutto il mondo si va hoggi in carozza et in
cocchio, eccetto che li nostri paesi non si possono praticare a
piedi et manco a cavallo che li pedoni, apunto, hanno delli guai da
poterne escire, così s’intende a tutte l’hore qua, che questo è pur
vergogna et danno a tutti perché l’havere d’andare a torno quando
tocca ad uno et quando ad un altro, poi per interesse solo di noi
altri Gubbini, senza tant’altri rispetti doverissimo con tutte le
nostre forze attendere tutti con questa impresa tanto honorata,
necessaria et utile”.
Anche la corrispondenza privata dei Bilj contiene riferimenti alle
sollecitazioni a cui erano sottoposti gli eugubini più illustri
residenti a Roma.
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