Suor
Maria Antonia Lalìa nacque a Misilmeri (Palermo) il 20 maggio 1839.
Il giorno seguente venne battezzata
e ricevette il nome di Rachele.
Sette anni più tardi, il 15 maggio 1846, fu cresimata
dal cardinale Ferdinando Pignatelli,
arcivescovo di Palermo.
Suo padre, Vincenzo Lalìa, era un magistrato onesto e stimato, che per ragioni
del su lavoro dovette spostarsi più volte da una città all'altra durante la fanciullezza di Rachele.
Per questa ragione
la famiglia risiedeva a Palermo, nel 1854, quando Rachele, fu affidata al Collegio di Maria
nel paese natale, collegio gestito da suore domenicane.
In questo ambiente sorse e maturò la vocazione di Rachele alla
vita religiosa e, due anni più
tardi, nello stesso collegio, vestì l'abito di San Domenico
assumendo come nome di religione, quello della sua mamma da
poco defunta, Maria Antonia, con l'aggiunta del complemento possessivo «del Sacro Cuore».
Nell'ottobre del 1857, all'età di 18 anni "Suor Maria Antonia del Sacro Cuore", nel collegio di Maria del suo paese, dove era stata
educanda, fu ammessa alla professione dei voti con
i quali intese consacrare a Dio tutta la sua
vita, vestendo l'abito domenicano.
A 26 anni, nel 1865, fu eletta
all'unanimità, Superiora di quel convento-scuola e lo governò per quasi cinque lustri,
rinnovandolo con lo spirito di fervente religiosa e di saggia
amministratrice. In questo periodo si dedicò alla riforma
interna della comunità, cercando di riportarla all'osservanza della
vita comune prescritta dalla regola di San Domenico.
Erano gli anni del Risorgimento italiano,
ed essa, che già nel 1860, da giovane religiosa, aveva affrontato
i «garibaldini» (i quali, giunti a Misilmeri, in attesa di procedere alla conquista di Palermo, avevano tentato di
requisire il convento per usarlo come caserma),
una volta diventata superiora, dovette
sostenere dure lotte, specialmente dopo il 1870, per
difendere il collegio e le sue scuole contro i soprusi delle autorità
governative e locali.
Ma il suo cuore palpitava anche per popoli lontani, tant'è che nel 1877
sentì il bisogno di pregare per la
Russia e scrisse allo Zar Alessandro II perché le concedesse di fondare un collegio
di Maria a Pietroburgo per l'educazione
cristiana delle bambine russe, nell'intento di aprire nel cuore
stesso dell'impero russo una porta per la Chiesa cattolica.
L'ispirazione le era venuta già nel 1863 durante una visione, e da allora seguì e sognò senza
tregua la sua vocazione missionaria. A
questa vocazione missionaria in Russia sicuramente pensava con
entusiasmo quando nel 1890 fu liberata dall'incarico iniziale di
Superiora. Anche la
morte del babbo, avvenuta il 30 gennaio 1891, le parve facilitare l'esecuzione
di quanto le stava a cuore.
Con l'aiuto morale del padre
domenicano Vincenzo Lombardo, suo assistente spirituale, poté
finalmente partire dalla Sicilia
per Roma, dove giunse ai primi di settembre del 1891: prima tappa, essa pensava,
nel cammino verso la Russia.
Ma a Roma si sentì
rispondere da padre Alberto Lepidi,
reggente del Collegio San Tommaso d'Aquino: « In Russia andranno le
tue figlie, non tu. La tua Russia sarà
Roma ». Evidentemente padre
Lepidi ed altri eminenti religiosi domenicani, pensavano che Lei,
svolgendo
la sua azione in Roma, avesse dovuto e potuto preparare delle religiose
missionarie pronte a partire quando fosse scoccata l'ora della Russia.
Ai primi di ottobre dello stesso
anno (1891) visitò per la prima volta il desolato convento
di San Sisto sull'Appia,
fondato da San Domenico di Guzman, e incamerato
dallo Stato dopo il 1870. La chiesa con pochi locali era
allora affidata ai domenicani irlandesi di San Clemente, dai quali
l'ottenne in veste di custode e restauratrice.
Il 17 gennaio 1893 vi si stabilì con altre due suore venute da
Misilmeri,
dando così inizio alla sua
Congregazione delle Suore
Domenicane dette di San Sisto, dal convento in cui Suor Antonia iniziò la sua
opera.
Nel febbraio del 1895 fondò ad
Asti la prima casa filiale.
Nell'agosto del 1896 inviò le sue suore a Latiano, in Puglia. Il 17 maggio 1899 ebbe il
decreto di approvazione dal cardinale Parecchi,
vicario generale della diocesi romana,
per la casa di San Sisto, riconosciuta come istituto diocesano.
Nell'ottobre del 1900 fondò un'altra casa a Sassari. Nel maggio del 1901 si recò
con alcune suore in Svizzera per dedicarsi
all'assistenza dei figli di emigrati italiani a Berna.
Nel
giugno dello stesso anno rilevò l'antico monastero di San Mauro Castelverde in Sicilia, e vi assegnò
alcune suore per l'assistenza agli infermi e la scuola ai fanciulli. L'8
novembre 1903 la nuova congregazione delle Domenicane di San Sisto venne
riconosciuta dalla curia generalizia
domenicana e accolta dall'Ordine. Nel 1904 la sua ultima fondazione: l'istituto Santa Rosa a Palermo.
Nel 1905 vennero approvate dal
vicariato le costituzioni della congregazione, dove tra gli scopi era fissato l'apostolato missionario.
Nel 1907 celebrò il cinquantesimo anno della sua professione
religiosa, ma la sua congregazione
attraversava a Roma una crisi, che provocò prima un'inchiesta
e poi una visita canonica disposta dal vicariato, guidata da Madre Gusmana
Romanengo, fondatrice
di una comunità di suore domenicane ad Asti. La visita comincia
in dicembre. Madre Lalìa si sente sola.
Anche il suo confidente, padre
Lombardo, è morto il 4 settembre 1909. Padre
Lepidi, diventato maestro del sacro palazzo,
non può intervenire in suo favore, come nemmeno i religiosi
del Sant'Uffizio che l'hanno aiutata e protetta. Il 27 aprile
1910, con decreto del cardinal vicario Respighi, Madre Lalìa viene
esonerata dal governo della congregazione e le viene intimato di abbandonare
la casa di San Sisto. Al
suo posto è nominata vicaria della congregazione Suor Maria Enrichetta
Incannella, dietro suggerimento della Romanengo. La fondatrice della "Congregazione delle Suore
Domenicane di San Sisto", il 10 maggio parte per Ceglie Messapico,
dove trascorrerà i suoi ultimi anni di vita.
Nel 1911 fa la conoscenza del servo
di Dio canonico Annibale
Di Francia, che diventa il suo nuovo padre spirituale e
il depositario delle sue memorie e delle sue aspirazioni missionarie ed ecumeniche.
Il 9 aprile 1914, giovedì
santo, alle ore 23 Madre Maria Antonia
Lalìa spira all'età di anni 75, dopo 57
anni di professione religiosa e muore come semplice
suora dell'Ordine da lei fondato.
Le sue spoglie, subito circondate
di venerazione, vengono deposte nel
cimitero comunale di Ceglie Messapico, dove
rimangono fino al 22 luglio 1939,
data in cui sono solennemente trasferite
a Roma e tumulate nell'aula capitolare di San Sisto Vecchio,
da lei tanto amata e riscattata dallo stato di abbandono e di squallore
in cui si trovava dopo l'incameramento statale
del monastero fondato da San Domenico.
Oggi la venerazione di Suor M. Antonia Lalìa è sempre molto sentita ed
è in corso il processo della sua Beatificazione.
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In effetti, un secolo dopo, nel 1993 una Missione fu aperta in
Russia, a San Pietroburgo, mentre era Madre Generale dell'Ordine Suor
M.Sistina Milan.
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