Enormi
contrasti hanno innescato
da decenni una guerra (una delle tante guerre dimenticate) che ha procurato
oltre due milioni di vittime
e 4 milioni di profughi. Dopo essere stato, di
fatto, una colonia inglese, il Sudan divenne indipendente nel
gennaio 1956 e da allora la sua
storia è stata segnata da violenti conflitti interni: il potere politico è da
sempre monopolio di un élite arabo-musulmana del Nord, mentre gli altri gruppi
etnici e religiosi, in particolare le popolazioni animiste e cristiane del Sud,
sono privi di qualsiasi potere politico ed economico.
La guerra civile tra Nord e Sud si è protratta quasi mezzo secolo, escluso un
decennio di tregua instabile negli anni '70, diventando così non solo la più
lunga guerra dell'Africa, ma anche la più sanguinosa calcolando la percentuale
delle vittime sulla popolazione totale. Alla base della guerra tra il governo di
Khartoum e gli indipendentisti del Sud, organizzati nell'Esercito di Liberazione
Popolare (Spla), non vi sono solo ragioni politiche, derivanti dalle
contrapposizioni etniche, culturali, linguistiche e religiose, ma anche
economiche quali l'occupazione delle terre più fertili e il controllo delle
acque del fiume Nilo e l'accesso alle risorse del sottosuolo, in particolare quelle
petrolifere.
E’ del 9 gennaio 2005 la firma da parte del governo di Khartoum e del
Movimento Popolare di Liberazione del Sudan di un accordo di pace a conclusione
di una trattativa iniziata nel 2002 con il patrocinio di Italia, Gran Bretagna,
Norvegia e Stati Uniti.
Il cosiddetto “Accordo globale di pace” siglerebbe la fine del lunghissimo
conflitto.
E’ previsto un periodo di transizione di 6 anni, al termine del quale (luglio 2011)
le popolazioni meridionali sceglieranno con un referendum se il Sud Sudan dovrà
diventare una Regione autonoma all’interno di uno stato unitario oppure uno
stato indipendente.
L’accordo di pace si definisce globale, ma non risolve le tante crisi rimaste
aperte ed insolute. Per esempio é in corso lo scontro tra due movimenti ribelli,
espressione delle popolazione “africana” dedita all’agricoltura, sono in
guerra contro le milizie “arabe” armate dal governo centrale ed espressione
delle comunità pastorali seminomadi.
Questa crisi ha dominato la scena politica Sudanese nel 2005, con una eco mediatica e
diplomatica di grande rilievo ed è stata definita dal Congresso americano un
“genocidio” Kofi Annan l' ha definita “la più grave crisi
umanitaria del momento”. Nel frattempo uccisioni e violenze continuano.
Da ciò si capisce che la
situazione nel sud è, a dir poco, catastrofica ed
è un paese allo sbando più completo peraltro ulteriormente aggravato dalla
presenza in loco di centinaia di migliaia di profughi fuoriusciti dai paesi
vicini anch’essi teatro di guerre civili: Etiopia ed Eritrea in
primis.
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