Gubbio 22 novembre 2024, è stato presentato in anteprima il documentario
“La notte del CONTE ROSSO”,
realizzato da Mario Bonetti e Giovanni Zanotti, riguardante
l’affondamento di quella nave, nel quale sono morti circa 1.300 soldati
italiani, il 24 maggio 1941.
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Presente alla proiezione Corrado
Codignoni, di 103 anni, l’ultimo sopravvissuto al naufragio, ancora in vita.
Il
Conte Rosso, nave commerciale della Lloyd
Sabaudo di Genova, varata il 10 febbraio 1921 (Lunghezza 180,1 m. Larghezza 22,6
m.) adibita la trasporto passeggeri soprattutto sulle rotte atlantiche fu
requisito all’inizio della Seconda Guerra Mondiale dalla Marina Militare
italiana per adibirlo al trasporto di soldati.
Il 24 maggio 1941 il transatlantico partì da Napoli in direzione di
Tripoli, alle 4.40 del mattino, insieme ad un convoglio formato da altri 3
grandi transatlantici: il Marco Polo, l’Esperia e la motonave Victoria, oltre a
numerosi cacciatorpediniere e incrociatori di scorta.
Il convoglio nelle vicinanze di Siracusa fu intercettato dal
sommergibile inglese HMS Upholder che alle 20.40 lanciò in rapida
successione due siluri che colpirono il Conte Rosso affondandolo in meno di
10 minuti.
A bordo vi erano 2.729 uomini tra soldati ed equipaggio, 1297
dei quali persero la vita nel naufragio e di questi soltanto 290 salme furono
recuperate per cui 1.058 furono i dispersi.
Dei 1297 morti esiste soltanto un elenco parziale di 873 nomi
per cui 424 morti non hanno nemmeno un nome a loro ricordo (sic!).
Il relitto del Conte Rosso riposa su un fondale di circa
2.000 metri, nei pressi della costa di Siracusa, città che ancora oggi
ricorda il naufragio con grande dedizione e commozione.
Tra i soldati vi erano diversi Eugubini, alcuni si
salvarono come Giuseppe Procacci e
Corrado Codignoni, classe 1921, orfano di madre dall’età di tre anni,
è l’ultimo ancora vivente tra i sopravvissuti.
Corrado compirà 104 anni il prossimo 26 gennaio, abita a
Gubbio. Era stato chiamato alla leva a diciannove anni, marconista del Genio
Trasmissioni. Contrariamente agli ordini ricevuti, non aveva indossato il
ridicolo salvagente in dotazione, composto da quattro pezzi di sughero legati
con una corda. L’ordine era di indossare il salvagente durante tutto il viaggio,
ma fu proprio quel salvagente a provocare la morte dei tanti che finirono
strangolati dopo essersi tuffati. Corrado racconta «Si è trattato proprio di un
miracolo se si considera che sono rimasto aggrappato tutta la notte a una specie
di zattera, visto che non so nuotare». Raccolto al mattino dal
cacciatorpediniere Procione, fu ricoverato prima nell’ospedale della Marina di
Augusta poi a Napoli, quindi a Roma al Celio. Ma poi dovette tornare a
combattere: prima in Albania e poi sul fronte russo, dove venne fatto
prigioniero e internato in un campo. Fece ritorno a casa solo nel 1946 quando
ormai tutti lo credevano morto. |