Domenica 3 aprile 2022 la città di Gubbio ha reso omaggio a
Mirella Bentivoglio mediante la
ricollocazione dell’Ovo di
pietra, la grande Struttura realizzata nel 1976, e
crollata in seguito al collasso della parte inferiore, avvenuto nel
2004.
Un numeroso pubblico ha assistito all’Inaugurazione dell’opera,
avvenuta anche alla presenza delle figlie dell’artista. La cerimonia è
stata preceduta da una conferenza nella Sala trecentesca del Palazzo
Comunale.
L’OVO è stato ricollocato tra il primo e secondo “buchetto”,
lungo il percorso della Corsa dei Ceri del 15 maggio, esattamente dove
era stato collocato per la prima volta nel 1976, in occasione della
“Biennale” di quell'anno, opera dell’artista
Mirella Bentivoglio, di cui
ricorrono quest’anno i 100 anni dalla nascita.
Il presidente dell’Università
dei Muratori Giuseppe Allegrucci ha detto che “le
pietre utilizzate per ricostruire l’Ovo sono le stesse dell’opera
originale, integrate con alcune della stessa tipologia e provenienza,
mentre lo scheletro è stato eseguito in legno e acciaio. Un lavoro fatto
insieme ad alcuni volontari eugubini, che hanno avuto l’idea della
ricollocazione, l’Università ha poi ripreso in mano tutta la storia e ha
ricostruito l’opera d’arte”.
L’iniziativa infatti è stata promossa dagli “Amici di
Mirella“: Toni Bellucci, Leonardo Ceccarelli, Fabrizio Darena,
Caterina Panfili, Giampaolo Pauselli, Marco Petrini Elce, Fernando
Sebastiani, Giovanna Uccellani.
Realizzata poi da abili artigiani, per lo più appartenenti
all’
Università dei Muratori: Giuseppe
Allegrucci, Aleandro Alunno (esecutore materiale, insieme a Dino
Agostinucci, della realizzazione originale del 1976), Luca Alunno,
Luigino Bei, Gabriele Capannelli, Giziano Fiorucci, Gianluca Ghirelli,
Marco Grassini, Fabio Mariani, Fabrizio Monacelli, Maurizio Monacelli,
Matteo Pannacci, Vittorio Pelicci, Alessandro Piermattei, Mauro
Tognoloni, Giorgio Vispi.
Il
Sindaco Stirati ha detto: “E’ un
grande segno di rinascita la ricollocazione dell’Ovo di Mirella
Bentivoglio, cosa meravigliosa di cui ha tanto merito l’Università dei
Muratori, ma anche aziende professionisti associazioni locali, con il
Comune che ha sostenuto questa iniziativa. L’Ovo di Gubbio si è inserito
perfettamente nel nostro contesto urbano, nel nostro paesaggio, nella
nostra storia, la pietra richiama la nostra essenza, è inserito nel
percorso della Corsa dei Ceri, è l’anima degli eugubini, un grandissimo
messaggio di speranza e di fiducia per il futuro“.
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Nell’ottobre 2004 l'
"Ovo" di Gubbio, il cui
titolo originario è "Immagine
simbolica", cadde.
Infatti, a seguito del cedimento di buona parte del basamento, la
scultura si è miseramente ripiegata su se stessa. E proprio in quei
giorni la giornalista Patrizia Antolini Scriveva: “Da tempo molti
avevano richiamato l'attenzione sul degrado dell'opera che ora è
transennata e coperta in attesa di interventi”.
Ed ecco che seppure dopo 18 anni l’opera ha ripreso vita!
L'autrice
Mirella Bentivoglio, nata a
Klagenfurt (Austria) il 28 marzo del 1922, da genitori italiani,
Margherita Cavalli e lo scienziato Ernesto Bertarelli.
Ricevette un’educazione multilinguistica, studiando nella
Svizzera tedesca e in Inghilterra.
Nel 1949 sposò il docente universitario di Diritto
Internazionale Ludovico Matteo Bentivoglio, di cui adotta il
cognome. Ha vissuto a Roma. È stata un'artista, poetessa e performer
italiana che ha operato nell'ambito delle poetiche verbo-visuali.
Ha Conseguito per titoli, nel 1968, l’idoneità
all’insegnamento di Estetica e Storia dell’Arte nelle Accademie
italiane. Vincitrice di borse di studio e di ricerca presso il
Salzburg Seminar for American Studies
(1958) e il
Getty Institute di Los Angeles
(1997.
Dalla pratica della Poesia Concreta, della Poesia Visiva e della
Scrittura Visuale, che hanno segnato il suo ingresso nella sfera delle
nuove sperimentazioni, passa, dagli anni Sessanta in poi, a una
personale forma di poesia-oggetto. Via via, negli anni Settanta e oltre,
esplora i linguaggi della performance, della poesia-azione e della
poesia-environment, allestendo grandi strutture simboliche di matrice
linguistica sul suolo pubblico (tra cui il nostro
“Ovo di Gubbio”).
Ha avuto un ruolo decisivo e illuminante nel campo dell’arte
contemporanea anche come animatrice e curatrice di esposizioni dedicate
all’arte femminile. In particolare ha curato e realizzato, per la
38esima Biennale di Venezia (1978), la mostra
Materializzazione del linguaggio ai Magazzini del Sale, che
accoglieva esclusivamente opere di artiste donne, e che rappresenta a
tutt’oggi un unicum emblematico del lavoro delle artiste di quegli anni,
intenzionate a rivendicare un loro ben definito spazio creativo “al
femminile” nella seconda metà del Novecento.
Nel 2011 ha donato la sua ricca collezione-archivio di arte
al femminile, raccolta in anni di forte impegno anche come curatrice di
mostre, al
“Mart” (Museo di Arte Moderna e
Contemporanea di Trento e Rovereto).
Autrice, nella prima giovinezza, sia di pitture a olio sia di
libri di poesie in italiano e in inglese, esprime in seguito il suo
interesse per l’uso congiunto del linguaggio verbale e dell’immagine
legandosi ai movimenti verbo-visivi delle neoavanguardie artistiche
internazionali della seconda metà del ventesimo secolo, diventandone una
protagonista: “Sono considerata, erroneamente, uno scultore, sia pure
atipico; in realtà il mio lavoro si svolge, oggi come ieri, in un ambito
totalmente «poetico»: tra linguaggio e immagine, tra linguaggio e
materia, tra linguaggio e oggetto, tra linguaggio e ambiente”. Sono
le sue stesse parole, tratte da una intervista, a delineare la figura e
la sua poetica.
Muore a Roma 23 marzo 2017 e il sindaco di Gubbio
Filippo Stirati in quella occasione la ricordò con queste parole:
«La città di Gubbio ha fatto in tempo a tributare all’artista e poetessa
un ultimo importante omaggio, dedicandole una sezione della 26esima
edizione della ‘Biennale di scultura’, a lei che è stata punto di
riferimento di questo importante evento contribuendo a farlo crescere
nel panorama nazionale. Insieme a Nedda Guidi, fu una delle protagoniste
nel 1976 della Biennale di Gubbio e in questi quarant’anni il filo che
la legava alla nostra città non si è mai spezzato. Per stessa ammissione
dell’artista, il rapporto con Gubbio è stato intenso e reciproco, e ha
avuto stimoli e ricadute significative nella realtà locale. Basta
pensare agli artisti locali, fotografi o scultori ma anche alle realtà
produttivo-artigianali, ai carpentieri e agli scalpellini che hanno
contribuito alla realizzazione di alcune opere di matrice simbolica,
come il celebre ‘Ovo’, l’Albero Capovolto o il Libro-campo. A nome
personale e dell’amministrazione comunale, giungano i sensi del più
sentito cordoglio per la scomparsa di una grande artista e di una grande
donna »
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