È morto a Prato
don Orfeo Pastorelli, il sacerdote più anziano di quella
diocesi. Aveva 95 anni ed era nato a Gubbio, dove è stato
ordinato nel 1947.
Prima di arrivare a Prato don Pastorelli ha servito per venti anni
la
diocesi di Gubbio, impegnandosi soprattutto nell’insegnamento.
Dopo un periodo in montagna, a San Benedetto Vecchio, dove ha
preparato decine di ragazzi, ha continuato la sua attività in
seminario.
Il suo vescovo gli affidò poi l’Azione Cattolica e fu allora
che conobbe mons. Pietro Fiordelli, allora vescovo di Prato, che lo
invitò a trasferirsi in città.
Inizialmente prestò servizio nella parrocchia del Sacro Cuore, ma fu
presto destinato a Tobbiana, dove rimase per ventidue anni,
impegnandosi, tra l’altro, nella costruzione della nuova chiesa,
nella trasformazione del vecchio cinema nell’istituto Nicastro e
nella realizzazione dei campi sportivi.
Nel 1989 diventò collaboratore a Santa Maria delle Carceri,
al fianco di mons. Carlo Stancari, dove si mise a disposizione per
la catechesi dei cresimandi, le attività del gruppo anziani e
l’istituzione delle pratiche matrimoniali. Ma la sua principale
occupazione, grazie alla quale ha conosciuto moltissimi pratesi, è
stata quella della confessione.
Con il passare del tempo e l’età avanzata don Orfeo ha vissuto
prima alla casa del clero in via San Vincenzo e poi, negli ultimi
anni, nella casa di riposo delle suore di Iolo. Il funerale,
presieduto dal vescovo Giovanni Nerbini e concelebrato dal clero
diocesano, si svolgerà lunedì 28 ottobre, alle 15.30 in cattedrale.
Di Don Orfeo seminarista ne parla Don Ubaldo Braccini nel
suo libro "Don Ubaldo Racconta... sui fatti del marzo-luglio
1944" (pag.16): Il ritorno [da Assisi] dei seminaristi
Braccini e Pastorelli ebbe senz’altro dell’avventuroso. Partiti con
il treno raggiunsero Ponte San Giovanni e lì dovettero fermarsi
perché la linea era stata bombardata. Al Bosco fecero l’autostop ad
alcuni camion tedeschi ma non vennero caricati. Quindi, a piedi, si
avviarono al Piccione. C’era la neve. Alta e solo con un minimo di
rotta. Braccini, scoraggiato per le difficoltà che incontrano nel
procedere, ancora reduce dalla malattia, con lo stomaco vuoto,
cominciò a scoraggiarsi ma fu sostenuto con energia da Pastorelli il
quale ogni tanto gli diceva che entro breve avrebbero raggiunto la
casa del suo “compare” e li si sarebbero potuti rifocillare. Il
ristoro giunse solo alle Casacce, ma, per i due “pretini” Eugubini,
fu il pasto più desiderato della
loro vita! "
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