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E' scomparso, all’età di 87 anni,
Umberto Vispi, il "Tacche".
Nel 1980 è stato il Secondo Capitano della Festa dei Ceri,
è stato ceraiolo e Capodieci e nel 1965 ha alzato il Cero di Sant’Ubaldo.
“Un personaggio, un eugubino, un ceraiolo, un santubaldaro
verace - ha detto l’avvocato Ubaldo Minelli, presidente della
Famiglia dei Santubaldari -
con lui se ne va un bel pezzo della storia di Gubbio. Lo ricorderemo sempre,
lo ricorderanno tutti i santubaldari per il suo modo di fare diretto, schietto,
senza tanti giri di parole”.
Fabio Mariani, il presidente dell’Università
dei Muratori, ricorda con affetto Umberto Vispi, "È’ stato lui
che mi ha chiamato, la prima volta, a svolgere sotto forma di volontariato, un
lavoro per l’Università - dice Mariani - lo ricorderò sempre. È’ stato
un’istituzione per la nostra Università. Primaconsigliere, poi economo e alla
fine presidente onorario”.
Noi lo vogliamo ricordare con una pagina tratta dal libro
"passeggiando tra i ricordi" di Bruno
Cappannelli (Baratieri)
pubblicato nel 2009 :
«
'L Tacche! Forse questo soprannome voleva indicare una persona difficile da
trattare. Di sicuro Tacche, pseudomino che sta per attaccabriga, non era e non è
un tipo molto riflessivo, ma è uomo di sicura lealtà e schiettezza. Secondo me è
stato un grande ceraiolo, un uomo di una "sola" parola.
Era Tacche, sì, per l'attaccamento a Sant'Ubaldo e per la sua
tempra di lottatore sotto il Cero; era Tacche per I' attaccamento alla
tradizione, era Tacche per la sua implacabile passionalità e correttezza.
Per lui non esistevano figli, nipoti, amici, il Cero era il
Cero e le cose «toccava falle per bene» con correttezza e coerenza. Mi sembra di
vederlo ancora oggi in cima alla scalea ali' alzata dei Ceri, sempre preciso e
puntuale in attesa dell'apertura del portone! Egli ha sempre interpretato al
meglio il ruolo di barelone sul corso dando grande sicurezza alle mute ed al
capodieci.
Il 1969, è stato l'anno in cui mio figlio Massimo ha alzato
il Cero, aveva appena 21 anni. Luigi Baldelli (Gaggio) l'altra punta davanti
della muta della Farmacia, aveva proposto la candidatura di Massimo, proposta
che le Case Popolari avevano approvato all'unanimità. Anche Umberto, tra gli
altri, aveva sostenuto mio figlio in seno al Consiglio della Famiglia, questo -
credo- anche per una forma di rispetto e di riconoscimento nei miei riguardi. Io
non avrei più potuto alzare il Cero poiché avevo ormai 49 anni.
Pensate, in tante stagioni di vita ceraiola, non mi sono mai vestito, prima,
perché venendo da una famiglia molto numerosa, mi mancavano i soldi per
comperare la divisa, poi perché era nata in me una specie di superstizione, ero
convinto infatti che, se mi fossi vestito, il Cero mi sarebbe caduto.
Ricordo appunto che in quell'anno, il Consiglio degli
Anziani non voleva far fare la calata dei Neri a mio figlio perché era troppo
giovane. L'amico Tacche, sentita tale proposta, si alzò di scatto dalla sedia
durante la riunione ed espresse il suo pensiero in questi termini: «È tradizione
che faccia la callata chi rompe la brocca. Non si può negare a questo giovane
tale soddisfazione, inoltre è il figlio di Baratieri e viene dalla gavetta!».
Queste erano le prepotenze del Tacche! Prepotenze a fin di
bene! Quando era convinto di una cosa, non si transigeva ... Era legge!!!
Grazie Umberto, per quello che ci hai dato e che ancora ci
dai.»
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