Una mostra «DINOSAURI
A GUBBIO – SULLE TRACCE DELL’ESTINZIONE»,
aperta dal 19 settembre 2015 al 30
giugno 2016.
La mostra è
allestita a Gubbio, all’interno dell’ex Convento di S. Benedetto,
a due passi dalla
Gola del Bottaccione, famosa in tutto il
mondo per le tracce di iridio stratificate nelle rocce, collegate alla teoria
della scomparsa dei dinosauri. Non a caso in questo ex convento,
nel 2009, è stato inaugurato il laboratorio multimediale "Archivio della
Terra", che documenta lo stretto legame tra Gubbio, la scomparsa dei
dinosauri e la Gola del Bottaccione, evidenziato dagli studi di
Luis Alvarez (Premio Nobel per la Fisica
nel 1968) e di suo figlio
Walter, archeologo e geologo, che dagli
anni settanta del secolo scorso studiarono le rocce della
Gola del Bottaccione che rivelano un'alta concentrazione di
Iridio, elemento molto raro nella crosta
terrestre ma abbondante nei meteoriti, perciò di origine extra-terrestre.
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Questa
esagerata presenza di iridio nelle rocce del Bottaccione indusse gli
Alvarez
a formulare diverse ipotesi, finché, nel 1979, proposero la soluzione: un
grosso meteorite di 12 km. di diametro doveva aver colpito la terra immettendo
nell'atmosfera un'enorme quantità di iridio.
L'impatto, avvenuto alla velocità di 40 km al secondo,
avrebbe provocato un'esplosione equivalente a 100 milioni di megatoni. Poiché un
megatone corrisponde ad un milione di tonnellate di tritolo, l'esplosione fu di
proporzioni tali da sprigionare un'energia 10.000 volte superiore a tutto il
materiale nucleare oggi accumulato nel mondo.
L'impatto dovette produrre un
cratere di 150-200 km. di diametro: una
catastrofe di dimensioni immani che causò la distruzione di interi ecosistemi e
di tutti gli animali, terrestri e marini, superiori ai 25 kg di peso e, tra
questi, i grandi dinosauri che avevano dominato la terra per 160 milioni di
anni.
A Gubbio non ci sono
resti di dinosauri, ma a Gubbio c'è, dunque, l'identikit (l'iridio) del "
killer" (il meteorite) che li uccise, cioè a Gubbio si trova la spiegazione del
mistero della loro scomparsa.
«Cogliamo due obiettivi – ha affermato il
sindaco Stirati –
quello di collocare una mostra tematica di alto profilo scientifico e
culturale e quello di restituire alla godibilità di tutti, in primo luogo degli
Eugubini, un contenitore chiuso da decenni e la cui valorizzazione a nuova vita
rientra in pieno negli obiettivi strategici indicati nel Quadro Strategico del
Centro Storico, di recente approvato dalla Giunta.»
L’esposizione, di proprietà dell’argentino Fabio
Frachtenberg, è allestita all’interno del vecchio complesso benedettino,
appena ristrutturato grazie al co-finanziamento della Presidenza del Consiglio
dei Ministri e della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia.
Gli esemplari dei
fossili di dinosauri che saranno esposti permetteranno di osservare le
caratteristiche morfologiche a grandezza naturale, gli ambienti e gli stili di
vita di questi animali che dominarono la superficie terrestre per oltre 180
milioni di anni. I fossili esposti provengono per la gran parte dal Sud America
e dalla Patagonia in particolare. Era questa una delle regioni privilegiate dai
dinosauri, dove erano particolarmente sviluppate le foreste di conifere e di
alberi molto grandi come le araucarie.
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La mostra è
allestita in maniera tale da dare una panoramica sull’evoluzione dei dinosauri
partendo dai più antichi conosciuti, come i piccoli
Eoraptor Lunensis che vivevano in Sud
America già 225 milioni di anni fa o le uova di dinosauri con nidi di piccoli
Mussaurus Patagonicus che vivevano circa
200 milioni di anni fa.
Uno degli esemplari principali che caratterizzeranno la mostra è lo
scheletro completo di un
Giganotosaurus Carolinii, un dinosauro
lungo circa 15 metri e pesante otto tonnellate, che dominava le pianure
patagoniche all’inizio del Cretaceo (circa 100 milioni di anni fa), un
carnivoro più grande del più noto Tyrannosaurus Rex. Quest’ultimo
viveva nelle regioni del nord America e non sembra che Giganotosaurus carolini e
Tyrannosaurus
Rex si siano mai incontrati.
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Un altro grande esemplare esposto è il
Rebbachisaurus Tessonei, un erbivoro
lungo oltre 17 metri e pesante oltre 10 tonnellate che popolava le
sterminate foreste patagoniche alla fine del periodo Cretaceo. Questo erbivoro,
molto probabilmente, è parente di un altro genere simile trovato in Marocco:
questa sarebbe un’ulteriore conferma della teoria della tettonica a zolle in
quanto, nel Cretaceo inferiore (120 milioni di anni fa), non si era ancora
formato l’Oceano Atlantico centrale e Africa e Sud-America sarebbero state
collegate via terra.
Nello stomaco di questi dinosauri erbivori sono stati trovati
frammenti di pietre (gastroliti) che venivano utilizzate nelle fasi digestive
dei vegetali, lo stesso processo che oggi avviene in molti uccelli erbivori,
lontani parenti dei dinosauri.
Molto interessante è lo scheletro del grande
Megaraptor Namunhuaiquii, un carnivoro
con zampe gigantesche munite di artigli lunghi anche 46 centimetri e che
venivano utilizzati come coltelli per infierire sulle prede.
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Un altro importante
dinosauro carnivoro esposto è il
Carnotaurus Sastrei, lungo 8 metri e
del peso di una tonnellata, dotato di due corna frontali nel cranio che gli
conferiva un aspetto veramente terrificante. Infine lo scheletro completo di un
Tuaranginsaurus Cabazai, un plesiosauro
marino lungo 2,7 metri che viveva nei mari dell’emisfero australe. Non può
essere considerato un dinosauro, ma un rettile marino coevo dei dinosauri.
Questi e tanti altri esemplari, insieme a femori, vertebre e
crani di diversi altri dinosauri, e accanto a ricostruzioni originali degli
ambienti e delle forme di questi animali nei vari stadi evolutivi, saranno
esposti nella mostra.
Il percorso museale ed espositivo realizzato si collega alla vicina
Gola del Bottaccione in un facile itinerario, fruibile da tutti, che include
anche la stessa città di Gubbio. La mostra e gli itinerari a essa collegati
permetteranno a singoli, gruppi, famiglie e scuole di conoscere, a diversi
livelli di approfondimento, una parte importante della storia della vita sulla
terra.
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Gli
esemplari dei fossili di dinosauri esposti nella mostra permetteranno di
osservare le caratteristiche morfologiche a grandezza naturale, gli ambienti e
gli stili di vita di questi animali che dominarono la superficie terrestre per
oltre 180 milioni di anni.
I fossili esposti provengono per la gran parte dal Sud America e dalla Patagonia
in particolare.
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