E' morto
Don Marino
Ceccarelli. Sacerdote e partigiano, parroco di Morena, fu cappellano
della
Brigata partigiana "San Faustino", partecipando ad
azioni di resistenza contro i nazisti dopo l'8 settembre 1943.
La sua
parrocchia divenne, in quel periodo, un punto nodale della guerra
partigiana ospitando e nascondendo uomini ed armi.
Era nato nel 1916,
nel 1941 aveva celebrato la sua prima messa nella
Basilica di S. Ubaldo e subito dopo
era stato nominato parroco di Morena (frazione del Comune di Gubbio,
posta a circa 25 km dal capoluogo).
Due anni dopo, all’indomani dell’8 settembre 1943, giorno in cui venne
proclamato l'armistizio tra il Regno d'Italia e gli Alleati della
Seconda Guerra Mondiale, la sua parrocchia divenne presto un punto
nodale della guerra partigiana, ospitando e nascondendo uomini ed armi.
Don Marino, di fatto, si ritrovò cappellano della
Brigata
Partigiana "San Faustino", partecipando ad azioni di resistenza
contro i nazisti.
I tedeschi lo chiamavano il “Pastore Bandito” e gli diedero
una caccia accanita e quando il
7 maggio 1944
(
Vedi
intervista,
realizzata da Furio Ferruccio Benigni)
giunsero le SS con i
paracadutisti della "Goering",
lui dopo aver fatto allontanare tutti, all'ultimo momento usci dalla
chiesa e dopo uno scontro a fuoco da cui usci vivo, riuscì a
nascondersi, ma vide bruciare tutto, infatti il borgo contadino di
Morena fu dato alle fiamme proprio per ritorsione contro i partigiani di
Don Marino
(
Vedi
intervista ).
Rastrellamento di quel 7 maggio
"...truppe tedesche
raggiungevano Morena. Fortuna volle che furono scorti in lontananza,
così che la gente del posto e i partigiani ebbero il tempo di
allontanarsi. Il prete partigiano don Marino Ceccarelli inizialmente
sottovalutò quanto stava succedendo. Si rese conto delle reali
intenzioni dei tedeschi quando piovvero i primi proiettili contro la sua
casa. Questo è il suo racconto: “Allora mi sono impressionato anch’io.
Sono andato in sacrestia, internamente, a nascondere il calice, che era
un regalo della prima messa. […] Quando ho chiuso lo sportello
dell’armadio, sento parlare dietro i muri, non capisco una parola. Erano
i tedeschi. Andai di sopra. Il mitra mi impicciava per uscire e lo
lasciai a casa. Così preferii due rivoltelle, sei caricatori e ho
azzardato a uscire. Quando […] ho attraversato quell’arco, da dietro
alla colonna, qui a distanza di cinque-sei metri mi danno una scarica di
mitra. E io dalla colonna ho sparato un caricatore, tutto sul petto del
primo”. Il sacerdote non provò particolare imbarazzo per aver fatto
fuoco contro i suoi aggressori: “Una guancia la do, due no. Così ho
risposto con le armi”. Don Marino Ceccarelli riuscì a fuggire. I
tedeschi saccheggiarono e dettero alle fiamme la chiesa, la canonica,
l’abitazione della famiglia Brunelli, con l’osteria-spaccio che fungeva
da abituale punto di ritrovo di morenesi e partigiani, e altri edifici.
Poi rastrellarono la zona circostante..."
Il 9 maggio a Morena venne fucilato dai tedeschi Bartolini Aurelio,
di Giulio, nato a Gubbio il 16 giugno 1925, residente a Pietralunga
e partigiano dal 7 febbraio 1944. (da A. Tacchini
- Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi
Editore, 2016).
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Distruzioni a Morena in seguito al rastrellamento |
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La
chiesa di Morena distrutta dai tedeschi. |
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La
chiesa ricostruita |
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Don Marino, a guerra finita, non volle mai lasciare
quei luoghi e rimase a Morena per oltre 60 anni, rifiutando
sempre le numerose proposte di sistemarsi in altre parrocchie, più
vicine alla città di Gubbio.
Il suo piglio severo ed il suo
carattere schietto e franco, le sue battute buffe ed allegre, lo hanno subito
reso uno della zona, amato e benvoluto da tutti.
il 22 giugno 1994, durante la visita a Gubbio
del
Presidente della
Repubblica Oscar Luigi Scalfaro,
in occasione del 50° anniversario dell'Eccidio
dei 40 Martiri, Don Marino intervenne all'incontro con
un discorso in cui ricordò i fatti della guerra di liberazione che
lo aveva visto "Prete-Partigiano".
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Qui sotto
Relazione
di Giancarlo Pellegrini e Tommaso Rossi sul rastrellamento del maggio
1944
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Nella relazione dell’Ispettore regionale dell’Umbria della GNR (Guardia
Nazionale Repubblicana)
al Capo della Provincia,
Armando Rocchi,
ai primi di maggio 1944, era indicato che la zona di Gubbio era una
delle zone umbre al centro dell’attività partigiana.
Così dopo un primo rastrellamento alla fine di marzo 1944,
un altro ne fu preparato ai primi di maggio.
Tale rastrellamento fu preparato con cura, anche perché i partigiani
della
Brigata “San Faustino”
avevano ormai il controllo della zona, tanto che nella “zona
libera” di Pietralunga avevano festeggiato il 1 maggio. Nella
notte tra il 30 aprile e il 1 maggio c’era stato il primo aviolancio
di materiale bellico da parte alleata tra Morena e Pietralunga.
Per colpire i partigiani ed anche per mettere fine all’esperienza della
“zona libera” i comandi tedeschi avevano pensato di far infiltrare
nella brigata “San Faustino” due alti ufficiali tedeschi, travestiti
l’uno da ufficiale inglese e l’altro da ufficiale russo: ma questi
due, intercettati e scoperti dai partigiani, furono arrestati e
fucilati proprio il 7 maggio
(le cui salme sono state alacremente ricercate dai tedeschi, come
racconta Don Marino al termine di una
intervista)
L’obiettivo principale del rastrellamento, (operato da un reparto
tedesco con la collaborazione della GNR di Perugia) erano i
partigiani tra Morena e Pietralunga, ma fu una vasta operazione che si
svolse nel territorio tra Gubbio, Pietralunga, Cantiano, Scheggia,
Montone, Apecchio. Partendo da queste città irruppe nella zona di
Burano una divisione di Polizia tedesca con autoblindo e cannoncini.
Questi militari perquisirono accuratamente le case e perlustrarono i
boschi sparando raffiche di mitragliatrice; «sparavano – come ha
scritto don Marino Ceccarelli – a chiunque avessero veduto», anche
perché, dall’aprile 1944, con le direttive emanate dai vertici dei
Comandi tedeschi, i militari tedeschi avevano «carta bianca» nella lotta
alla guerriglia partigiana.
Con tale rastrellamento,
durato circa una settimana, furono presi – secondo i dati della GNR –
126 giovani, catturati otto ribelli, di cui cinque fucilati. Le cifre
degli uccisi non corrispondevano alla realtà delle cose e anche in
questo frangente parecchie vittime furono civili, mentre i
partigiani di Morena e altri della “San Faustino” riuscirono in tempo a
sganciarsi verso Serra Maggio (altri ritengono verso Bocca seriola)
per poi ricomporsi, una volta terminato il rastrellamento.
Poiché uno degli obiettivi del
rastrellamento era di prendere il parroco di Morena, don Marino
Ceccarelli, il “prete-bandito” ritenuto l’organizzatore della banda
partigiana di Morena, i tedeschi, non essendo riusciti a prendere il
sacerdote, si accanirono sulla Chiesa, incendiandola unitamente a cinque
case adiacenti.
Sulle persone uccise nel
rastrellamento in questione nella zona di Burano notizie utili sono
state fornite dai parroci, nella relazione inviata al Vescovo. Parroco
di Morena era don Marino Ceccarelli, il quale nella relazione ha
rievocato la propria esperienza di partigiano e l’attività partigiana
della banda di Morena, ma non ha parlato degli uccisi a Morena. Sembra
che il Bartolini abbia fatto parte della “San Faustino” dal 7 febbraio al 15 marzo 1944.
In un podere e relativa
casa della zona di S. Margherita di Burano, durante il
rastrellamento iniziato il 7 maggio, fu catturato e ucciso il giovane
Giovanni Battista Mazzacrelli (detto Tito), di professione muratore.
Fu sorpreso in un campo, gli spararono alle spalle raffiche di mitra
alle ore 14 circa, lasciando per diversi giorni il corpo lì senza
sepoltura. Monsignor Spaziani nel 1947 scrisse che fu ucciso
«barbaramente»: l’eco dell’episodio era ancora vivissima. Di tendenza
politica di sinistra, che aveva respirato nell’ambiente familiare,
Mazzacrelli aveva fatto il militare, ma dopo l’8 settembre 1943 era
riuscito a tornare a Gubbio.
L’attività di muratore
nella zona di Burano era a mo’ di copertura, in quanto Mazzacrelli era
un collaboratore annesso alla 5. Brigata Garibaldi “Pesaro” ed era in
tale zona come agente di raccordo tra la Brigata e i potenziali
arruolandi che, numerosi, si rifugiavano nella zona di Burano. Non si
esclude che qualche spia abbia condotto i militari tedeschi nel casolare
dove Mazzacrelli di fatto era nascosto. La salma fu recuperata
nottetempo, alcuni giorni dopo, da familiari e da alcuni amici
sammartinari. Il riconoscimento della salma fu fatto dalla madre,
Annunziata Fecchi, il 12 maggio, presso la camera mortuaria
dell’Ospedale di Gubbio.
Aurelio Bartolini ,
diciannovenne, fu catturato nella zona di Morena: non si conosce
la circostanza, ma, constatato che era renitente al bando Graziani,
fu subito passato per le armi. Almeno questo si deduce dal processo
verbale datato 12 maggio, redatto dal Ufficio della GNR
(Guardia
Nazionale Repubblicana)
di Gubbio, ricevuto e trascritto in Comune il 24 maggio 1944. Ecco il
testo di tale processo verbale: «L’anno millenovecentoquarantaquattro
addì 12 maggio in Gubbio nell’Ufficio del comando di distaccamento, noi
sottoscritti Caciagli Bruno, primo aiutante comandante del suddetto
distaccamento, e Luciani Giuseppe, aiutante dello stesso distaccamento,
riferiamo a chi di dovere che verso le ore 11 di ieri, 11 corrente, ci
veniva recapitata l’unita scheda di morte con cui il dott. Ferrone,
medico condotto di Pietralunga, attesta di aver constatato il decesso di
Bartolini Aurelio, di Giulio e Fiorucci Erminia, nato a
Pietralunga (altri sostengono a Gubbio) il 16 giugno 1925, celibe,
mancante alla chiamata, il quale rimase ucciso a Morena il 9 maggio 1944
in seguito alle operazioni di rastrellamento effettuate dalle truppe
tedesche nella zona di Burano. La salma è stata identificata dallo
stesso dr. Ferrone […]». Sembra di poter dedurre che la fucilazione
fosse stata opera di militari tedeschi.
Alcune pattuglie di
militari tedeschi, muovendo dalla frazione di Camporeggiano (quasi al
confine tra i comuni di Gubbio e Umbertide) sopra verso i monti a nord e
quelli ad est, uccidevano Antonio Bei in località Madonna dei
Monti (i monti ad est di Camporeggiano, nei pressi di Goregge), un
commerciante del carbone residente a Gubbio città, che si trovava nella
zona senz’altro per lavoro: sembra che fosse in possesso di una discreta
somma di denaro.
Invece nei monti a nord di
Camporeggiano, in località Sioli in vocabolo Ceppari veniva
uccisa da un ufficiale medico tedesco Maria Palma Smacchi. La
poverina, «fatta condurre in camera con un colpo di rivoltella fu
uccisa in quanto cieca per la sola ragione che faceva ribrezzo a
vederla». Così ha scritto il parroco di Sioli nella sua relazione al
Vescovo. Nel piccolo ciò evidenziava come sarebbe stata rigenerata la
società con la selezione della razza!
In relazione a quanto
sopradescritto:
All’ingresso
del cimitero di Gubbio
c’è una lapide dedicata ai caduti della lotta di liberazione, che
reca anche il nome di Aurelio Bartolini. Vi è scritto: «In questo
cimitero sono sepolti / i caduti nella lotta di liberazione nazionale /
in Gubbio 1943 – 1944 / Tommaso Fiorucci / Aurelio Bartolini /
G. Battista Mazzacrelli / Palma Smacchi / Florindo Girelli /
Sergio Angeloni / Nello Camelia / Antonio Bei / Adelmo Radicchi /
Fernando Menichetti / Domenico Turziani / Ciro Tarini / Tolmino Anemone
/ Giovanni Carfora / Umberto Paruccini / Luigi Bellucci / Dalte Balducci
// onore a chi sacrificò la vita /all’eterno ideale della libertà».
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Maria Keller De
Schleitheim ( Marion
"la spia") |
Questo nome è citato
da Don Marino all'inizio della sua intervista, come spia.
In quanto spia, Marion venne fucilata dai Partigiani il
28 maggio 1944.
Qui di seguito riportiamo il racconto che ne fa il
Console Americano
Walter W. Orebaugh
che che dal gennaio 1944 entrò, con il nome di "Michele Franciosi", in
clandestinità e partecipò a diverse azioni militari insieme ai
componenti della
Brigata
Partigiana "San Faustino".
Il Console 50 anni
dopo, nel 1994, in un libro autobiografico racconta, tra altre
vicende, anche quella relativa alla drammatica vicenda che ha come
protagonista Maria Keller De Schleitheim (Marion Keller), ungherese,
nata in Svizzera nel 1913, poliglotta, di piacente aspetto e dalla
biografia incerta. Artista teatrale, tra il 1938 e il 1940 viaggia tra
Tunisi, Algeri, Marsiglia, diventata una spia, viene condannata a
venticinque anni di reclusione per la sua attività spionistica in
Francia ai danni dell’Italia e rinchiusa nel carcere di Perugia a
partire dal 1940 fino alla caduta di Mussolini, nel 1943.
La Keller era ancora nel carcere di Perugia, quando
Armando Rocchi
divenne capo della Provincia per conto della
Repubblica Sociale Italiana e
organizzò un finto rapimento per liberarla.
Forse la Keller diviene la sua amante, la invia a Morena e nelle
zone tra Pietralunga e Gubbio alla ricerca di informazioni sulla
consistenza e l’azione delle brigate partigiane.
Scoperta nella sua attività spionistica dopo varie
peripezie riuscì ad ottenere l’ospitalità di un gruppo di ufficiali
inglesi nascosti ad Acquaviva.
A questo punto particolarmente significativo è quanto scrive il
Console Orebaugh:
“Andai immediatamente dal capitano Pierangeli (comandante della
Brigata) e gli raccontai
dei miei due incontri con Marion Keller e dell’uso che ella aveva fatto
del mio cognome che doveva essere ignoto a tutti. Pierangeli non perse
tempo: mandò una staffetta a Perugia per scoprire altri dettagli. Tre
giorni più tardi ricevemmo informazioni tali che ci convinsero che
l’amante ungherese dell’odiato prefetto fosse proprio Marion Keller e
che la “elegante puttana” degli ufficiali inglesi fosse una spia".
"Signor Console –
aggiunse Pierangeli – ho altre cattive notizie, purtroppo. Sono
stato pienamente convinto dalle altre informazioni ricevute dalla
staffetta, che Rocchi sappia perfettamente dove la sua piccola
pollastrella si trova. Infatti crediamo che sia stata mandata
espressamente per spiarci e per localizzare Lei".
Pierangeli
intervenne
molto deciso: "riuniamo domattina la Corte Marziale e facciamo il
processo. Andate ad arrestarla conducetela al presidio di Morena",
ordinò a due dei suoi ufficiali.
Non ci furono altre proteste; salutarono e due ufficiali
partigiani partirono immediatamente per Acquaviva per prendere Marion in
custodia. Gli ufficiali inglesi furono naturalmente furiosi”.
La testimonianza di Orebaugh racconta il processo e
continua: “Fu presto smantellata la tesi che l’ungherese fosse una
povera rifugiata innocente, incapace di atti di spionaggio. Quando le
venne rivolta documentata accusa di essere una spia di Rocchi, Marion
dopo aver un po’ tergiversato, scoppiò a piangere e rese piena
confessione. “Sì, ero l’amante di Rocchi – singhiozzò- Sì, mi ha mandato
quassù a spiarvi e per informarlo. Non avevo scelta. E’ un animale! Cosa
mi avrebbe fatto se avessi rifiutato? Dovete riflettere su questo ed
avere pietà Signori, sono solo una donna,non avevo scelta, tranne fare
quello che lui aveva ordinato supplicò tra le lacrime”.
Condannata a morte dai partigiani la giovane spia
ungherese Marion Keller venne fucilata il 28 maggio 1944 a Colle Antico
di Pietralunga. Fu prima seppellita nei boschi e poi nel cimitero di
Colle Antico e recentemente i resti sono stati trasferiti in Germania.
Su tutta la vicenda della Keller è particolarmente toccante
il racconto del giornalista e scrittore perugino Ottorino Gurrieri
(nel libro “Una cometa su Perugia”, edito nel 1992)
che ricostruisce la vita, l’esperienza tra i partigiani e la
fucilazione della Keller a Colle Antico:
“Un sottotenente, e due uomini avevano già scavato una fossa nascosta
dalle piante della radura, ma quando furono vicino, anche Marion la
vide, e impallidì. Il sottotenente consegnò a Federmann un foglio di
carta. Era la sentenza con cui veniva “condannata a morte per
spionaggio contro le forze partigiane la nominata Maria Keller, etc.”
Max gliela lesse in tedesco. Marion disse con un filo di voce: - Ma
davvero volete fucilarmi? - E che; per scherzo? – fece il sottotenente,
uno di Cantiano. Max allora la invitò ad avvicinarsi alla fossa. Marion
mezza stordita, con voce piangente congiunse le mani e invocò la
Madonna... Allora Marion senza dire più una parola fece alcuni passo e
fu sull’orlo... L’altro le domandò se aveva qualche desiderio, che si
sarebbe interessato per accontentarla. Marion rispose: - Io non ho
nessuno al mondo, e quindi non ho nulla da dirvi. Max trasse di tasca un
fazzoletto, e voleva bendarle gli occhi. La donna rifiutò. Si
inginocchiò, giunse le mani e alzò lo sguardo in alto, dicendo: - Dio
mio, perdonami – In questa guisa e mentre pronunciava queste parole ad
un segno del sottotenente i due mitra dello slavo e del tedesco la
spianarono al suolo. Erano le 10.30. Marion rotolò nella fossa. Ma non
era morta. Max con la rivoltella le scaricò nel capo tutte le cartucce.
Essa era finalmente spenta, ma pareva guardare ancora con le sue ampie
pupille celesti. Tornarono i due partigiani che s’erano allontanati –
uno di Cantiano e uno di Pergola, - e cominciarono a ricoprire il corpo
inanimato di Marion. Max scrive ancora: “anche all’ultimo momento non si
è protestata innocente”.
Probabilmente, a giudicare da quanto riferito all'inizio di
una
intervista
da Don Marino, Marion faceva il doppio gioco, infatti
aveva anche avvisato i partigiani dell'imminente rastrellamento del 7
maggio 1944.
La vicenda di Marion Keller, rivive anche nel
romanzo storico "Colle Antico" di Gianluca Sannipoli
attraverso i racconti di una sua coetanea e di un partigiano umbro.
Gli anni Trenta, la seconda guerra mondiale, la lotta
partigiana, sono lo sfondo di una vita tormentata e avventurosa, alla
ricerca della libertà.
Ma la libertà ha sempre un prezzo. Come scrive la protagonista nel
suo diario: Sento sopra il capo un oscuro destino: e non faccio nulla
per evitarlo. Sono come una di quelle foglie che cadono nel torrente e
nessuno si china a raccogliere.
Eppure, se uno venisse a raccogliermi, mi potrei salvare
ancora. Ma sarei capace di accontentarmi della pace ritrovata? Se Dio,
che mi ha sempre trascurata, volesse posare una mano sopra di me!
Ma io credo in Dio? Oppure non ho che una fede: la libertà?
L'autore ha ricostruito quei fatti grazie a piccole pubblicazioni locali
e a numerose testimonianze. Molti nomi e i dialoghi sono invece frutto
di fantasia.
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